INTERVISTA SULLA VIOLENZA SESSUALE
L’anima e il ritorno della brutalità tribale “È l’Umano che ci salva, non il Naturale!”. Intervista a Mauro Montanari, a cura di Marina Donnarumma.
Sul tema della violenza, incontriamo Mauro Montanari, psicologo e saggista, autore del volume Paura ed Ansia.
Sono stupita e addolorata di vedere tanta violenza in giro oggi, in particolare mi fa paura la violenza sessuale contro le donne, ma non solo. Come valuta lei la situazione?
Io sono addolorato quanto Lei, ma tutt’altro che stupito. La violenza è parte integrante della natura, nella quale il più forte distrugge, uccide o mangia il più debole e in più scrive anche la storia. Succede tra i popoli, tra gli esseri umani e anche tra gli animali. In più, quando il più forte rimane senza rivali, tende a distruggere se stesso. Guardi cosa abbiamo fatto noi esseri umani, in quanto razza dominante del Pianeta. La natura la distruggiamo, gli altri animali li mangiamo, a volte li uccidiamo senza ragione, a volte li ridicolizziamo, li chiudiamo in gabbia, li facciamo saltare sopra sgabelli o palloni, li addomestichiamo, li rendiamo simili a noi, li trattiamo come soprammobili, li trasformiamo nei figli che non abbiamo. Possiamo fare tutto questo perché siamo la razza dominante.
Però gli animali non stuprano…
Questo lo crede Lei, perché Lei, come me, ha alle spalle tre secoli di cultura romantica, nei quali ci hanno raccontato che la natura è buona e semmai siamo noi ad essere cattivi. Vogliamo vedere alcuni esempi che dimostrano il contrario? Cominciamo coi rospi che, come è noto, spesso sono principi travestiti. Bene, quei principi normalmente assalgono le femmine isolate in gruppi di cinque o sei e le stuprano. Il più delle volte la femmina è gettata morta nello stagno. Vogliamo vedere il Germano reale, a cui i nostri figli buttano così volentieri le briciole nei laghetti cittadini? Si comportano allo stesso modo dei rospi. Ma consideriamo ora l’animale buono per eccellenza, tanto che perfino Walt Disney gli ha dedicato qualche cartoons: il pinguino, simpatico, un po’ goffo, innocuo. Bene, i pinguini non solo esercitano la violenza di gruppo, ma uccidono anche i piccoli della femmina violentata e continuano a violentarla anche dopo morta. Chi documentò per primo le attività sessuali dei pinguini, un etologo inglese, si chiamava George Murray Levick, siamo negli anni Venti del secolo scorso, non poteva credere ai propri occhi e tenne il suo rapporto in un cassetto per anni, perché temeva di essere sbugiardato e ridicolizzato. In seguito fu il decano di Zoologia del British Museum of Natural History, Sir Sidney Harmer, ad impedirne la pubblicazione e il manoscritto apparve soltanto nel 2012. Sia Murray, sia Harmer, come tutti noi, erano pienamente immersi nel pregiudizio romantico secondo il quale la natura sarebbe buona.
Quindi lei ritiene che violenza e stupro siano giustificati perché sono “naturali”?
Al contrario. Io sostengo che ciò che può salvarci dalla violenza non sono pregiudizi sulla natura, bensì l’educazione, che vuol dire consapevolezza della responsabilità. Di più: se qualcuno dovesse chiedermi cosa intendo io per Educazione, risponderei: il lungo cammino verso la natura della nostra anima umana.
Cosa intende Lei per anima umana?
Lei mi diceva poc’anzi che non sarebbe capace di calpestare una formica. Questo perché Lei capisce la natura del dolore, non solo negli esseri umani, ma addirittura nei piccoli animali. Lei, in quanto essere umano, può gettare il cuore oltre i suoi confini e capire gli animali. Lei può identificarsi persino con una formica perché sa che anche una formica può provare dolore. È l’Umano che ci salva, non il Naturale. È l’identificazione nel dolore degli altri che ci preserva dal far loro del male. E se possiamo identificarci nel dolore di una formica, tanto più dovremmo essere capaci di identificarci nel dolore degli altri esseri umani, degli animali e, in fondo, anche in quello della natura stessa, degli alberi, delle foreste. L’anima, per me, è semplicemente questo. Mi vengono in mente due definizioni, più pregnanti della mia. Comincio con quella di Socrate. Lui diceva che l‘anima è la parte migliore dell’essere umano, sede del pensiero e del sentimento ma, soprattutto, sede della coscienza. Fu il primo a riflettere sull’etica del comportamento umano. Secondo lui, l’anima la si trova osservando all’interno di sé; è l’immortale che sta in noi. L’anima vuole la perfezione, diceva; il suo problema è il corpo imperfetto che le impedisce la “comunione con l’Immutabile” (cito dal testo di Platone). Socrate affrontò, non a caso, l’argomento esattamente alcuni giorni prima della morte. Ma l’anima, diceva, vuole la perfezione perché la conosce in se stessa. Vuol dire che se noi abbiamo la violenza dentro in quanto esseri naturali, abbiamo anche la perfezione e la capacità di unirci “all’Immutabile”. La seconda idea di anima che mi viene in mente è l’anima ebraica, intesa come il soffio di Dio, la Ruach haQodesh, che viene dall’esterno e ci incontra in quanto esseri umani.
Cos’è l’anima in psicologia?
Tra le tante definizioni, io salverei quella di Carl Gustav Jung, che scopre il Maschile e il Femminile dell’anima, il lato soleggiato e il lato oscuro della collina, per riprendere una definizione cara alla filosofia del Tao, a cui noi occidentali dobbiamo molto. Ma anche per Jung nell’essere umano c’è l’infinito, perché “die Seele beinhaltet ein unendliches Unbewußtes” (l’anima contiene un inconscio infinito). Quel verbo “Beihalten”, che vuol dire “contenere” ma anche “trattenere in sé”, mi ha sempre colpito, perché mi dà la sensazione che l’Infinito voglia fuggire da noi. Le radici della violenza forse stanno lì, quando la nostra anima si lascia sfuggire il proprio infinito.
Quindi l’Infinito è il buono che è in noi?
Non secondo Jung e, nel mio piccolo, neanche secondo me. Lui parla del “Selbst”, del sé, che racchiude tutte le componenti, compresa l’opposta “die Gegensätzliche” e la malvagia “die Böse”. L’Intero s’intuisce soltanto guardando e riconoscendo le Ombre.
Ritorniamo allo stupro, che è un reato in aumento nelle nostre città. Da cosa dipende?
Come dicevo, io penso che la violenza sia una sorta di tradimento del nostro Umano e un ritorno al Naturale. L’aumento dei comportamenti tribali nelle nostre società complesse e multiculturali e, aggiungerei, l’incapacità della politica di gestirli, ne sono un segnale. Riguardo allo specifico della violenza sessuale, osserverei che l’identità maschile viene messa oggi fortemente in discussione, e questo crea frustrazione, la quale si organizza poi in comportamenti aggressivi per Bande (uso un termine antropologicamente corretto) nei confronti dell’altro sesso; comportamenti che sono soprattutto dimostrazione pubblica di potenza. Per riprendere poi il concetto di Educazione, aggiungerei che i nostri giovani, in generale, sono lasciati a sé stessi, senza orientamento. Non sanno né chi sono, né dove vanno, né cosa faranno. La loro è una condizione drammatica, soprattutto perché la generazione precedente, con la quale essi si confrontano, cioè la nostra, questo orientamento più o meno ce l’aveva.
Ma questa mancanza di orientamento, di cui Lei parla, è diventata ora anche la nostra, cioè della nostra generazione, o è rimasta circoscritta tra i giovani?
Direi che la viviamo tutti. Abbiamo tutti la sensazione diffusa di essere alla fine di una civiltà, quindi tanto vale “divertirsi quando ancora si può” (citazione presa dalla strada!). Queste cause, diverse tra loro, portano ad una unica conseguenza: la violenza. Mettiamoci poi anche la violenza appresa, cioè quella che impariamo dal comportamento dei nostri genitori quando sono violenti (e quando lo sono, la loro violenza la esercitano soprattutto sui bambini). La violenza sui bambini è anche la violenza più infame, in genere perpetrata da un membro maschile della famiglia, spesso il padre o lo zio, e tollerata, o addirittura sostenuta dalla madre, con lo scopo di avviare poi la figlia (o il figlio) alla prostituzione. Di questo fenomeno ho parlato abbondantemente nel mio libro: Paura e ansia.
Quindi c’è da essere piuttosto inquieti…
Se ascoltiamo i tamburi di guerra che suonano ovunque, direi di sì. Ma non vorrei entrare in argomento; vorrei citare piuttosto un tipo di violenza particolare, di cui si parla poco: la violenza sessuale per ragioni di fanatismo religioso. Durante il periodo dell’IS migliaia di ragazze furono circuite con promesse varie e fatte uscire dall’Africa magrebina, ma anche dall’Europa, per andare in Siria, quindi costrette a giacere in postriboli al servizio sessuale dei terroristi ijadisti. Queste ragazze, e si parla di migliaia di ragazze, sono ora in carcere in Libia accusate di prostituzione, e vi resteranno probabilmente tutta la vita. Ne parla ad esempio un film tunisino molto toccante: Les filles d’Olfa. Un film che non arriverà mai in Europa, perché noi, queste cose, appunto, non le vogliamo sapere.
Mi dia però, alla fine, qualche nota di speranza…
Allora dobbiamo ritornare all’Umano e alle possibilità infinite dell’anima. Vorrei citare ancora Carl Gustav Jung e la famosa intervista che egli diede alla BBC, nel programma Face to face, nel 1959. Jung sentiva la morte in quel momento, che sarebbe arrivata in poco più di un anno e mezzo. Quella intervista è per molti versi sconvolgente. Cito soltanto una frase nella mia traduzione: “L’anima umana sovrasta le categorie dello spazio e del tempo; passa attraverso i muri e vede”. Ci sono gli abissi qoheletici in quella frase. In vicinanza del buio, l’anima umana passa attraverso i muri e vede! Qoelet avrebbe detto: nel giorno del bene, sii nel bene; nel giorno del male, vedi! (Ecclesiaste 7, 14). E il Tao: “Il genere umano considera bene il bene. Proprio quello è il suo male!” Anche il Tao vede! Questa è la natura dell’anima umana e lì la violenza non arriva più.
(a cura di Marina Donnarumma)







